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ACQUA POTABILE E PFAS: INFORMAZIONI UTILI


In questo periodo si sente parlare sempre più spesso dei cosiddetti PFAS, sostanze chimiche che possono contaminare l’ambiente e potenzialmente anche le risorse idriche.

Come Acque, siamo da sempre impegnati a garantire la qualità e la sicurezza dell’acqua che forniamo ai cittadini del Basso Valdarno, con la massima trasparenza sui risultati delle migliaia di controlli cui la risorsa idrica è sottoposta ogni giorno.

Con i medesimi obiettivi e con la stessa trasparenza, abbiamo deciso di dedicare questa sezione del nostro sito al tema dei PFAS, per fornire informazioni utili, accurate e aggiornate, rispondendo alle domande più frequenti e chiarendo alcuni aspetti talvolta al centro di notizie false o imprecise.

La sicurezza, la salute dei cittadini e la trasparenza sono la nostra priorità.

Cosa sono i PFAS?

In breve: I PFAS sono un gruppo di composti chimici usati in vari processi industriali e prodotti di consumo, come rivestimenti resistenti all’acqua, schiume antincendio e imballaggi. Si accumulano nell’ambiente e possono essere difficili da eliminare.

In dettaglio: Le sostanze alchiliche perfluorurate e polifluorurate (PFAS) sono un gruppo di sostanze chimiche artificiali composto da oltre 4.700 molecole diverse, ampiamente utilizzate per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. Sono note come «sostanze chimiche permanenti», in quanto sono estremamente persistenti nell’ambiente. Vista la capacità di accumularsi negli organismi, la loro concentrazione è amplificata man mano che si sale lungo la catena alimentare. L’esposizione umana ai PFAS può avvenire principalmente per via alimentare, per inalazione o ingestione di polveri. Una volta che queste sostanze si diffondono nell’ambiente, entrano nella catena alimentare attraverso il suolo, la vegetazione e le coltivazioni, gli animali e, di conseguenza, gli alimenti. Una esposizione prolungata a queste sostanze può provocare effetti negativi sulla salute umana.

I PFAS possono contaminare la risorsa idrica?

In determinate circostanze, sì: specialmente nelle aree vicine a industrie che li utilizzano o li producono.

Che cosa prevede la normativa in materia di PFAS?

La Direttiva Europea 2184 del 2020 – che sostituisce la precedente 98/83/CE – recepita in Italia con il D.Lgs 18/23, introduce alcuni importanti cambiamenti per migliorare la protezione della salute umana, e fissa i valori limite per nuove sostanze, tra le quali proprio i PFAS, la cui somma, riferita a 24 sostanze indicate nel decreto, non deve superare 0.1 microgrammi/litro (1 microgrammo, cioè 1 milionesimo di grammo, equivale a 1000 nanogrammi). Tale valore deve essere soddisfatto a partire da gennaio 2026.

L’acqua distribuita da Acque contiene PFAS?

L’acqua distribuita da Acque nel Basso Valdarno rispetta i rigorosi standard di sicurezza e qualità prescritti dalle normative vigenti, sia nazionali che europee. Il laboratorio centralizzato del gestore idrico effettua ogni anno 15.000 campionamenti, per determinare circa 350.000 mila parametri per l’acqua potabile. A questi si aggiungono inoltre i controlli delle Aziende sanitarie locali. Le analisi sull’acqua di rubinetto riguardano tutta la filiera idropotabile, e il tasso di conformità per l’acqua potabile è prossimo al 100%. Tutto ciò assicura la distribuzione di un’acqua buona, sicura e controllata.
In risposta alla crescente attenzione del settore e dell’opinione pubblica sul tema dei PFAS, già a partire dal 2019 – ben prima che si cominciasse a pensare all’introduzione di limiti normativi – Acque ha attivato campagne di monitoraggio sulla presenza di questi composti nell’acqua distribuita, a partire dalle aree a maggiore concentrazione antropica e lungo le principali aste fluviali, avvalendosi prima di laboratori esterni e poi, dal 2021, del proprio laboratorio interno, che nel 2022 ha ottenuto anche l’accreditamento Accredia per questo specifico parametro. Le analisi hanno riguardato soprattutto le acque “grezze” (vale a dire non trattate) con la consapevolezza che, se non presenti a questo livello, i PFAS saranno sicuramente assenti anche nell’acqua distribuita dopo il processo di potabilizzazione. I risultati ad oggi evidenziano come, per la somma dei PFAS, tutti i campioni rispettino già il valore-soglia di 0,1 microgrammi/l previsto dal D. Lgs. 18 in vigore dal 2026. Non solo: nella totalità delle situazioni monitorate, sono state riscontrate concentrazioni inferiori al limite di quantificazione strumentale, pari a 0,025 microgrammi/litro.

Ci sono rischi per la salute?

Studi scientifici hanno dimostrato che una concentrazione elevata di PFAS nell’acqua potabile può causare alcuni problemi di salute, tra cui effetti sul sistema endocrino, sul sistema immunitario e un aumento del rischio di alcune malattie. Proprio per questo motivo, il legislatore ha previsto l’introduzione della normativa che entrerà in vigore dal 2026, e che stabilisce limiti molto restrittivi per la presenza di PFAS nell’acqua potabile, al di sotto dei quali si ritiene che non vi siano rischi per la salute. Sebbene non sia il gestore idrico il soggetto cui spetta definire ed accertare correlazioni tra la presenza di determinati elementi e gli eventuali rischi per la salute umana, è importante sottolineare che l’acqua fornita da Acque presenta livelli di PFAS ben al di sotto dei limiti futuri, con concentrazioni che attualmente sono almeno quattro volte inferiori rispetto ai valori limite previsti dalla normativa in arrivo. Ciò permette di garantire che l’acqua distribuita sia sicura e conforme agli standard di qualità e sicurezza più rigorosi.

Quali misure ulteriori sta prendendo Acque per garantire l’assenza di PFAS nell’acqua?

Sebbene nella totalità delle situazioni monitorate sino ad oggi siano sempre state riscontrate concentrazioni inferiori al limite di quantificazione strumentale, pari a 0,025 microgrammi/litro, Acque si è di recente dotata di apparecchiature più avanzate per monitorare con ulteriore precisione questi composti, arrivando a poter quantificare fino allo 0,005 microgrammi per litro. Ad oggi, i risultati confermano concentrazioni inferiori anche a questa soglia nell’oltre il 90% dei casi. Questa attività si accompagna alla costante estensione dei Piani di Sicurezza dell’Acqua, al fine di valutare insieme a tutti gli attori territoriali i potenziali rischi, affinché le analisi siano sempre più puntuali, concrete e trasparenti rispetto alle esigenze dei territori e delle comunità locali. Ad oggi, questa attività copre oltre il 70% dei sistemi idrici locali e punta ad arrivare al 100% entro il 2029.

I PFAS presenti in altre acque possono influire sul pubblico acquedotto?

In teoria, non è da escludere che anche l’acqua di falda destinata a uso potabile possa essere influenzata dalla presenza di PFAS provenienti da altre fonti, come acque di scarico o acque superficiali inquinate. Tuttavia, è importante sottolineare che la concentrazione di PFAS all’uscita di un polo industriale o in una fonte direttamente contaminata è generalmente molto più elevata rispetto a quella che potrebbe raggiungere una falda acquifera utilizzata per l’approvvigionamento idrico.
Infatti, le falde sono soggette a processi di filtrazione naturale e altre variabili ambientali che riducono la concentrazione di contaminanti. Il monitoraggio eseguito fin qui da Acque sulle proprie fonti d’acqua conferma che i livelli di PFAS sono ben al di sotto dei limiti di sicurezza stabiliti, e molto inferiori rispetto alle concentrazioni che potrebbero destare preoccupazioni.

 Come posso proteggermi dai PFAS?

Gli esperti raccomandano di utilizzare fonti d’acqua sicure e di consultare i risultati dei controlli effettuati da enti riconosciuti e sottoposti a sistemi di regolazione pubblica.

I PFAS nell’acqua potabile sono davvero il principale pericolo per la salute umana?

No, nonostante l’attenzione mediatica, l’acqua potabile non è la principale fonte di esposizione ai PFAS. Sebbene sia importante monitorare e ridurre la presenza di queste sostanze nell’acqua, i PFAS sono diffusi principalmente in altri ambiti:
Cibi e imballaggi: alcuni alimenti (pesce, carne, ecc.) possono essere contaminati da PFAS provenienti dall’ambiente o da imballaggi alimentari resistenti ai grassi.
Utensili da cucina: molti prodotti per la cucina (pentole antiaderenti, strumenti resistenti alle macchie e all’acqua, ecc.) possono contenere PFAS, aumentando il rischio di esposizione quotidiana.
Tessuti e cosmetici: alcuni prodotti contengono PFAS per conferire caratteristiche di resistenza e idrorepellenza.
Ambiente: i PFAS si trovano nel suolo, nell’aria e nelle acque superficiali, a causa dell’uso industriale di queste sostanze. L’acqua potabile è solo una piccola parte di questo quadro più ampio.
Per ridurre l’esposizione complessiva ai PFAS è dunque necessario prestare attenzione non solo all’acqua, ma anche e soprattutto a ciò che mangiamo, agli oggetti che utilizziamo e all’ambiente che ci circonda.

Come posso contribuire alla riduzione della diffusione dei PFAS?

Ecco alcune azioni che ciascuno di noi può adottare:
– Limitare l’uso di prodotti contenenti PFAS: verifica le etichette e di articoli come pentole antiaderenti con rivestimenti in teflon, prodotti impermeabili e alcuni tipi di imballaggi alimentari.
– Smaltire correttamente i rifiuti: evita di gettare prodotti chimici o contenenti PFAS negli scarichi o nei rifiuti comuni. Informati presso il tuo comune sui metodi di smaltimento sicuri.
– Sensibilizzare: parla con amici e familiari dell’importanza di ridurre l’uso di prodotti che contengono PFAS e di adottare pratiche quotidiane più sostenibili.
Preferire l’acqua del rubinetto: l’acqua dell’acquedotto pubblico è soggetta a controlli rigorosi. Utilizzandola, contribuisci a ridurre il consumo di bottiglie in plastica e i potenziali rischi legati a risorse idriche non controllate.

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